Il 10 marzo 2020, il giorno dopo l’entrata in vigore del primo famoso DPCM che introduceva le misure di contrasto dell’epidemia sull’intero territorio nazionale, nacque un progetto di comunicazione e prevenzione sul Covid-19 con una raccolta fondi a favore della Protezione Civile.
L’iniziativa, sotto l’hashtag #IoRestoACasa, univa IQUII con Copernicani, Mitobit, Oval, Starteed, Two Hundred e Walliance nel sensibilizzare le persone a restare in casa ed evitare che il virus si propagasse tra la popolazione. Le donazioni, raccolte con il crowdfunding, sono state gestite da Save the Planet a garanzia dell’invio tempestivo al Dipartimento per la Protezione Civile.
La campagna adesso si è chiusa con un bilancio di 1.481 donazioni per un totale di fondi raccolti pari a 101.704 €. Con l’occasione, abbiamo chiesto a Claudio Bedino, fondatore e CEO di Starteed – che ha messo a disposizione la propria piattaforma dicrowdfunding – un bilancio di questa esperienza. Bedino, piemontese classe 1983, è anche un esempio della nuova generazione di imprenditori che ha a cuore la questione ambientale.
Starteed nasce nel 2012, quando il crowdfunding era pressoché sconosciuto in Italia, fornendo l’infrastruttura tecnologica della piattaforma e la consulenza a chi voleva fare una campagna di raccolta fondi. All’epoca ospitavamo iniziative di ogni genere, oggi supportiamo raccolte più specialistiche che troverebbero delle difficoltà ad essere ospitate sulle piattaforme generaliste.
Quella di #IoRestoACasa non è la prima di questo tipo per noi, un esempio di campagna nota che abbiamo ospitato è stata per il terremoto nel Centro Italia nel 2016. In questi casi mettiamo a disposizione gratuitamente la nostra tecnologia, pur essendo un’attività profit non prendiamo commissioni di servizio.
Come tutte le campagne che affrontano un’emergenza c’è sempre un’ottima risposta anche sulla spinta emotiva del momento. La donazione media è stata di 70 €, quindi da considerarsi sostanziosa. È chiaro che potevamo fare di più, ma in quel periodo ce n’erano tante e quindi c’è stata un po’ di dispersione… Per carità non è stata una gara a chi raccoglieva di più – tutte andavano bene, lo dico in accezione positiva. Ma, credo che questa dispersione abbia anche stimolato un dibattito sulla convenienza economica di certe campagne, tramite le questione delle commissioni, o piuttosto la trasparenza nell’impiego dei fondi. Il rischio delle tante piccole raccolte che sono state organizzate è quello di rendere più difficile la tracciabilità.
Quindi, bisogna sempre fare attenzione a chi raccoglie e come funziona la struttura della raccolta, ricordiamoci che stiamo maneggiando dei soldi e non si improvvisa una campagna. Allo stesso tempo, può sfuggire che portali di fama internazionale fanno profitti di migliaia di euro con le commissioni. Tuttavia, aldilà di queste considerazioni generali, il vantaggio dello strumento del crowdfunding è indubbio, intercetta “la pancia” di chi vuol donare, mette a disposizione subito i fondi al beneficiario e chi deve riceverli non aspetta mesi come invece capita con quelli pubblici.
Il crowdfunding ha dei vantaggi ma non può essere sostitutivo di tutte le altre forme di finanziamento delle organizzazioni. È un canale che può fare leva sull’aspetto emozionale delle persone, ma comporta che l’organizzatore faccia un passaggio strategico della comunicazione. Il crowdfunding funziona se c’è uno sforzo di progettualità e un modello comunicativo prima, durante e dopo. In questo caso si può riuscire a raccogliere anche molto di più di altri canali.
La tecnologia potrebbe essere di aiuto a traghettarci verso una società che si sviluppa creando profitto – perché questa è la natura del sistema economico in cui viviamo – senza distruggere l’ambiente. Per me la transizione energetica è un modello importante, cerco di far qualcosa nel mio piccolo, guido una macchina elettrica, mangio meno carne…
Oggi che sono padre di una bambina di due anni credo ancora più fermamente nella tutela del Pianeta per chi ha tutta la vita davanti. Io faccio parte di quella generazione che per cultura sente il problema ambientale, ma criticamente devo dire che ci siamo arrivati tardi. Avendo fondato anche un’altra azienda, Oval Money, i cui servizi sono orientati ai “nativi digitali”, noto che i Millennials hanno molta più attenzione e sono più preparati di noi. Anche il Covid-19 ha permesso di fare un reset culturale su certi aspetti, validi a emergenza finita: esempio abbiamo capito i vantaggi ambientali dello smart working.
Comunque, ho fiducia nelle nuove generazioni, loro si giocheranno la “partita vera” per salvare il Pianeta, noi siamo nel mezzo, i nostri genitori l’hanno persa…
Intervista a cura di Francesco Sani
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