Patty L’Abbate, ricercatrice in Economia Ecologica all’Università di Bari, dal 2018 è parlamentare della Repubblica Italiana. Come capogruppo della 13ª Commissione permanente Territorio, Ambiente, Beni ambientali, è stata relatrice del “Decreto Clima” e prima firmataria di alcune mozioni sulla decarbonizzazione ed emergenza climatica. Ha partecipato come rappresentante del Senato della Repubblica a Summit internazionali sul Climate Change quali C.O.P. 24 e C.O.P. 25.
Le sue pubblicazioni trattano argomenti come la contabilità ambientale, il Life Cycle Thinking, l’Economia Circolare, l’ecoinnovazione, e il cambiamento climatico. Anche il suo ultimo libro, “Una nuova economia ecologica”, appena uscito per Edizioni Ambiente, riflette la sua mission di virare verso un nuovo modello economico. La nostra presidente Elena Stoppioni ne ha parlato con l’autrice per scoprire qualcosa di più su quest’opera molto in linea con lo statuto della nostra Onlus.
Questo libro era nato come manuale accademico in realtà, ma nei fatti è poi diventato uno strumento da consultare per tutti quelli che vogliono approcciarsi al tema della transizione ecologica in maniera più strutturata. L’economia ecologica è una vera e propria scienza, ne spiego le basi e le differenze tra questo modello economico e i modelli tradizionali classici, keynesiani e postkeynesiani attuali. La mia è una riflessione su come i problemi che si sono generati, sull’ambiente e sul continuo aumento delle diseguaglianze sociali, nascono da una dissociazione dell’economia dall’ambiente, da una visione antropocentrica e non biconcentrica.
Noi apparteniamo ad un sistema “complesso”, e le soluzioni devono essere ricercate con un approccio sistemico. Ovviamente il libro parla anche di climate change, dell’effetto serra, di come si monitora la produzione di Co2, di cosa succede durante le Conferenze ONU sul clima (C.O.P.), etc… Nonché del Green New Deal, di questo patto verde fra le nazioni e delle azioni contemplate per tutelare il capitale naturale, abbattere la temperatura in aumento nell’atmosfera e perseguire gli obbiettivi di sostenibilità dell’Agenda 2030.
Spiego il modello, e come può essere creata la filiera inversa che dovrà chiudere il cerchio del nuovo modello economico ecologico. Andando un po’ più nello specifico per chi vuole approfondire il tema, individuo le modalità per creare valore nei processi aziendali. Parlo del potere del circuito interno, e degli input “puri e non tossici”, o spiego cos’è la “forza della cascata del prodotto”, etc. C’è una parte più narrativa e una parte più tecnica dove introduco i concetti di termodinamica e dello strumento di valutazione del ciclo di vita di un prodotto/servizio. Con gli indicatori di circolarità, la mia idea era di fornire alle aziende degli strumenti semplici per poter capire quanto impatto ha la loro produzione, e come valutare i punti critici per effettuare un miglioramento.
Sì, infatti dedico una parte all’ “eco-design”, all’ecoinnovazione e alle etichette ambientali. Il mio libro è un manuale, pensato per tutti, ma ho un occhio di riguardo per i nostri giovani. I nostri ragazzi hanno risvegliato la nostra coscienza biosferica, sono accanto a loro nelle piazze quando mi è possibile, ma per combattere il cambiamento climatico è necessario anche studiare, e loro saranno i manager del futuro… Ecco, voglio pensarlo come uno strumento per i “green manager” di domani, sono loro che devono creare un nuovo modello economico alternativo, ed essere di supporto alla propria comunità, alla propria “casa comune”.
Assolutamente, perché se prima non misuri, com’è possibile migliorare? Stiamo recependo proprio in questo periodo in Senato le direttive sull’economia circolare, fra cui la n. 169 che effettua una seria di variazioni al Testo Unico sull’Ambiente e disciplina gli imballaggi. Nell’articolo 1 ad esempio, si sottolinea il principio di “prevenzione” , considerando tutte le azioni da mettere in campo per prevenire la formazioni dei rifiuti. Progettare un prodotto in modo tale che a fine vita possa essere riutilizzato o disassemblato e riciclato.
Esatto, c’è molto “green washing” purtroppo. Tra l’altro una pratica del genere finisce per danneggiare lo sviluppo dell’economia circolare, perché dal momento che il consumatore si rende conto dell’inganno perde fiducia in quello che credeva fosse l’acquisto consapevole. Qui uno strumento chiaro di controllo sull’etichetta potrebbe essere la valutazione della carbon footprint.
Dipende dai punti di vista. Ne avremmo fatto a meno, visto le perdite di vite umane, la scossa psicologica non indifferente su molte fasce della popolazione e il danno economico. Ma il Covid-19 ci ha insegnato che dobbiamo cambiare direzione, abbiamo visto che l’inquinamento, collegato al nostro stile di vita, ne ha amplificato gli effetti letali. Dobbiamo allora chiederci cosa è più importante, la nostra salute, quella del sistema Gaia o l’aumento di capitale monetario e del PIL?
Hai colto esattamente nel segno! Noi sappiamo cosa fare e solo che le abitudini sono difficili da cambiare. Io predico questo, è il mio studio accademico e la mia mission. Se mi sono trovata ad accettare una candidatura politica, alla base c’è sempre la possibilità di portare il mio lavoro, le mie conoscenze a servizio della comunità e della nostra amata Gaia.
Intervista di Elena Stoppioni; Articolo a cura di Francesco Sani
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