Il progetto fotografico di Alessandro Quintiliani per Save the Planet
Alessandro Quintiliani è un fotografo di Roma che vanta anche una lunga esperienza come cameraman in TV.
Ha lavorato a Europa 7, poi a Stream, fino a diventare responsabile del montaggio di SKY Tg 24 per tredici anni. Adesso però la dedizione è totale per la fotografia con un suo studio in proprio. Ha deciso di affiancarsi a Save the Planet regalandoci un reportage sui siti industriali dismessi in Italia e qui di seguito potete vedere in anteprima la prima parte del progetto. Si tratta di scatti catturati all’Italsider di Bagnoli a Napoli. È stata l’occasione per intervistarlo e conoscerlo meglio.

Italsider, Bagnoli - Foto di A. Quintiliani
Alessandro, quando è avvenuto l’incontro con la fotografia e come si è evoluta a livello professionale?
Questa è una passione che mi porto dietro da molto tempo e ho sempre lavorato parallelamente con la fotografia e la televisione. Ho iniziato a 20 anni al Teatro dell’Opera di Roma, facevo foto di backstage a Raffaele Paganini all’epoca, ma mi occupavo già anche di video. Con la crescita degli impegni professionali come cameraman in televisione, fino ad approdare e rimanere per molti anni a SKY, è rimasta un lavoro parallelo. Sono sempre stato affascinato dalla foto di reportage e a grazie a SKY Tg24 nel 2016 ho avuto la possibilità di realizzare “Messina, Irpinia, Belice: vita da sfollati a decenni dal sisma”. Ovviamente le mie foto hanno testimoniato anche il terremoto dell’Aquila e quello di Amatrice.
Nel momento che ho deciso di mettermi in proprio con un mio studio fotografico, i contatti maturati negli anni di lavoro per le TV, dagli istituzionali a quelli della moda – Ambasciata di Spagna, ministeri o la kermesse romana di Altaroma - mi hanno aiutato. Ad esempio la Comunità Ebraica, nel loro progetto di racconto del tema dell’Olocausto attraverso le nazioni - quando nel 2018 è stato il momento dell’Italia – ha chiamato me perché gli erano piaciute delle foto per SKY che avevano visto. L'associazione che commissionò il lavoro era l’International Holocaust Remembrance Alliance (IHRA) ed i lavori furono organizzati dalla delegazione italiana che aveva la presidenza in quell’anno in collaborazione con il Ministero dell’Istruzione.
Come ti sei approcciato ai temi ambientali?
Sono molto vicino al tema dell’ambiente, anche grazie alla sensibilità che qui mi hanno trasmesso i figli. Quando ho conosciuto Save The Planet ho chiesto cosa potevo fare pare voi? Io sono un fotografo e posso dedicare il mio tempo e la testimonianza con la mia macchina fotografica, sensibilizzando con le foto. Oggi in Italia tutte le notizie si concentrano sull’emergenza sanitaria del Covid-19, ma ci dimentichiamo che nel nostro paese ci sono 340.000 casi di cancro e 170.000 persone muoiono (480 al giorno come per il Coronavirus). 12.000 di questi decessi sono direttamente legati all’inquinamento e una popolazione di 6.000.000 da Nord a Sud vive in aree a rischio.
E ancora non si parla di inquinamento farmacologico... Insomma, va bene preoccuparsi di questa pandemia, ma siamo diventati tutti virologi e non sappiamo nulla di ambiente. Guarda caso il Covid-19 è stato devastante in quelle aree dove le persone sono state esposte a lungo all’inquinamento, è presumibile che il loro l’apparato respiratorio fosse già compromesso.

Italsider, Bagnoli - Foto di A. Quintiliani
Di cosa tratta il progetto per Save the Planet?
Il progetto per Save the Planet è stato inizialmente pensato per testimoniare con la fotografia l’inquinamento causato da tre grandi siti industriali: l’Italsider a Napoli, l’Officine Meccaniche Cicliche ETR a Bologna e il polo petrolchimico di Porto Marghera. L’emergenza che ci ha costretto tutti in casa per il momento mi ha fermato al primo. L’Italsider per esempio era un mondo, un fiore all’occhiello per il Sud. Io in un reportage cerco sempre di fare una chiacchierata con chi vive nel luogo per capire cosa succede in quel posto. Ho parlato con un ex operaio e mi ha fatto notare che c’era un treno che portava merci e dipendenti fin dentro lo stabilimento. Erano treni coperti di eternit e non a caso c’è un’incidenza del cancro a Bagnoli, molti si sono ammalati di mesotelioma pleurico e tumori vescicolari. A sapere queste storie, per chi ha visitato Auschwitz-Birkenau, vedere quei binari entranti nello stabilimento ti fa provare la stessa angoscia del campo di concentramento, in un parallelismo sul “carico di morte”.
Il 2020 dovrebbe essere finalmente l’anno buono per la bonifica dell’area. Ma c’è una superficialità nell’affrontare i problemi dell’ambiente che si accompagna al problema delle istituzioni che non fanno i risanamenti. Lì dove stride il contrasto tra il degrado all’ambiente - causato dalla presenza del sito industriale - e un mare bellissimo, ci sono degli stabilimenti balneari in una spiaggia non bonificata. In Italia manca una cultura ambientale e la gente va a farci il bagno! Quando sono salito sul Parco Virgiliano, da cui ho fotografato tutta l’Italisider - quello che era un parco fiore all’occhiello per Napoli - ho notato che il viale di accesso era completamente spoglio dei suoi tradizionali pini. Praticamente, di recente erano stati abbattuti dopo che un parassita li aveva irrimediabilmente attaccati. Tutto questo perché sono spariti i pipistrelli in quella zona a causa dei cambiamenti climatici.
Com’è il lavoro nel mondo dell’informazione “mainstream”?
Quando lavori in un grande TG nazionale, non tutto viene detto perché si cerca di raccontare le cose in modo semplice. Nella riunione di redazione si seguono i trend, non le notizie. Per quelle al massimo ci sono gli speciali. Quindi c’è un periodo in cui il trend è il femminicidio, poi gli incidenti stradali, poi il Coronavirus… Anche il personaggio di Greta Thumberg è stato trattato come un trend, quindi spettacolarizzato e quasi si è perso il suo messaggio di denuncia sul riscaldamento globale del pianeta. Di questo modo di fare informazione ne fa le spese proprio la causa ambientale.
Intervista e articolo a cura di Francesco Sani
