Parintins, Amazzonia: i centri educativi che cambiano il destino di centinaia di bambini
L’Associação Dom Gino Malvestio, nata dalla presenza decennale dei missionari del PIME, riunisce alcuni centri sociali educativi ed educativi che si trovano nella zona di Parintins, Amazzonia.
Si tratta di terre a ridosso della zona indigena, nel mezzo del Rio delle Amazzoni. Attraverso l’associazione, molti educatori e volontari cercano di ovviare alle situazioni di povertà, mancanza di educazione, talvolta droga e violenza che si annidano in più della metà delle famiglie.
Soprattutto, vengono educati bambini e ragazzi ad amare e conoscere la propria terra e la propria tradizione, cabocla o indigena.
Nel primi due centri aperti, quelli di Parintins, circa 510 bambini e ragazzi, ogni giorno, vengono educati attraverso l’arte – e il recupero della tradizione artistica amazzonica - per la quale hanno una inclinazione naturale. I bambini vengono anche sfamati e il pasto che ricevono al centro è per quasi tutti l’unico completo della giornata; attraverso i bambini gli educatori entrano in contatto con le loro famiglie e le tante difficoltà che vivono.
I centri sono vicini alla zona povera di Parintins, che come spesso accade in Brasile è in una parte non urbanizzata: una favela che accoglie le persone che si allontanano dalla foresta per cercare in città cure, educazione per i figli, lavoro.
Un altro centro si trova a Mocambo, a molte ore di barca da Parintins, sulle rive del Rio delle Amazzoni. Nella stagione di secca per raggiungerlo occorre anche attraversare una zona di foresta.
Qui i bambini accolti sono circa 140, e vengono da Mocambo e dai villaggi vicini, sulla riva del fiume. Sono villaggi che vivono di pesca e di lavorazione della manioca.
Per i ragazzi frequentare il centro è importantissimo: è una casa, luogo di educazione, affetto e rapporti stabili. Il centro è un punto di riferimento per la gente di quelle zone: vi si accorre in caso di malattie, di problemi, di violenze.
Noi di Save the Planet siamo stati a visitare i centri di Parintins. Abbiamo fatto ore di barca per arrivare a Mocambo e da lì ai villaggi da cui arrivano i ragazzi. Abbiamo scoperto il cuore di una Amazzonia incontaminata, struggente e desiderosa di accoglierci.
Abbiamo maturato la consapevolezza che questi centri, luoghi espressivi delle comunità locali, devono esistere. Perché dalla loro esistenza dipenda la possibilità che queste zone continuino ad essere abitate.
Vogliamo sostenerli parlando di loro e facendoli conoscere nel nostro mondo, raccogliendo denaro, mettendo le nostre competenze tecniche al loro servizio, affinché possano essere sempre più consapevoli del valore che generano.
I costi relativi all’attività di comunicazione del progetto, dei viaggi necessari ad accompagnarli, delle consulenze tecniche per aiutarli a sviluppare conoscenze sul proprio impatto non supereranno in alcun caso il 20% del denaro raccolto. Tutto il resto sarà direttamente devoluto alla scuola.
Come il Centro Educativo Nossa Senhora das Graças, che si trova a si trova nell’Amazzonia brasiliana, a Parintins sull'isola Tupinambarana, Rio delle Amazzoni.
È gestito dalla diocesi, che è una diocesi ben strana: il suo territorio è composto da una cittadina di 100.000 abitanti e 500 comunità disseminate nella foresta, lungo i fiumi che capillarmente la percorrono. Si tratta di comunità Caboclo e Sateré Maué, che vivono da sempre nella foresta e la custodiscono.
Globery è il giovane responsabile educativo del Centro, nel quale ogni giorno 450 bambini e ragazzi studiano, vengono educati attraverso l’arte, imparano un nuovo modo di percepire se stessi, pieno di amore e dignità.
Il quartiere in cui il centro si trova, Itauna II, è periferico e in parte ancora non urbanizzato: una favela che accoglie le persone che si allontanano dalla foresta per cercare in città cure, educazione per i figli, lavoro.
Come si riscontra spesso nei quartieri poveri e periferici, la droga è tanta e le opportunità di starne lontani sono poche.
Globery e gli altri educatori del Centro, aiutati dalla persona a cui guardano come amico e padre, il vescovo don Giuliano Frigeni, tutti i giorni accolgono i bambini e i giovani. Ad alcuni dei più piccoli offrono la scuola primaria. A tutti gli altri laboratori artistici. Ai ragazzi spiegano che quello che fanno è sempre buono, perché esprime qualcosa di loro. Dunque ogni loro creazione va guardata con attenzione, compresa e amata.
Come loro stessi sono compresi e amati, e spesso nel centro se ne accorgono per la prima volta.
Gli educatori, attraverso i ragazzi, entrano in rapporto con le famiglie, si accorgono dei problemi e offrono un aiuto, un contesto in cui condividere ed accompagnarsi.
Ragazzi che tanti anni fa hanno frequentato il centro ora ci mandano i loro figli, anche se ora abitano lontano e devono fare tanta strada per raggiungerlo.
Perché, raccontano, lì sono stati amati ed educati e chiedono lo stesso per i loro figli.
Siamo contenti di aver conosciuto Globery: attraverso di lui abbiamo conosciuto un pezzo di mondo lontano, che improvvisamente si è fatto vicino. E caro.