Valeria Barbi e il progetto We Are Nature Expedition
Dall’Alaska all’Argentina, un viaggio di un anno per documentare la crisi ecologica e la perdita di biodiversità attraverso 14 stati con il patrocinio di Save the Planet.
Valeria Barbi, friulana di nascita ma bolognese d’adozione dai tempi dell’università, è una naturalista esperta di cambiamento climatico e biodiversità. È consulente, formatrice - all’ISPI – Istituto per gli Studi in Politica Internazionale e alla 24Ore Business School – e divulgatrice, a giugno esce il suo libro Che cos’è la biodiversità pubblicato per Edizioni Ambiente. Da quest’anno è Ambassador di Save the Planet e ve la presentiamo come ideatrice e coordinatrice del progetto WANE – We Are Nature Expedition di cui la nostra associazione è partner!
Valeria, quando è iniziato il tuo interesse per i cambiamenti climatici e come si lega con la biodiversità?
La curiosità per questo ambito va oltre la mia preparazione accademica, nel senso che fin da bambina volevo occuparmi della natura anche se non sapevo si chiamasse biodiversità! Nello specifico, l’interesse per il cambiamento climatico risale ai tempi dell’università, facevo studi internazionali, quando si iniziò a parlare in maniera più mainstream delle Conferenze ONU sul Clima. A me chiesero di approfondire le politiche europee sul clima, appunto. Poi, con la seconda laurea in scienze naturali, ho collegato il tutto e mi sono specializzata sul tema della crisi ecologica. Ecco il punto, benché tutti parlino solo di crisi climatica, questa è solo una componente del problema: con la crisi ecologica ne fa le spese la biodiversità, un’alleata contro i cambiamenti climatici. Se non ci fosse la biodiversità noi avremmo superato il famoso aumento della temperatura terrestre di 1,5° - come si parla nell’Accordo di Parigi – già da molti anni.
Parlaci invece di come nasce il progetto We Are Nature Expedition!
Il progetto nasce nel 2020 in pieno lockdown quando mi è capitato di intervistare David Quammen, autore del famoso libro Spillover (2013, nel quale si preconizza una pandemia zoonotica, ovvero distruggendo la natura l’uomo può entrare in contatto con virus sconosciuti. Ndr). Che dovessimo prepararci a nuove pandemie non è una scoperta, la scienza lo ha sempre detto, e infatti è successo.
Da questa chiacchierata è emerso come il nostro genio ingegneristico non ci abbia aiutato così tanto nel costruire un rapporto equilibrato con la natura e questo si è ripercosso anche nell’attuale situazione pandemica. Quindi ho pensato che dovevo capire meglio come si stava evolvendo il rapporto uomo – natura e soprattutto quanto stessimo distruggendo la biodiversità.
Da lì l’idea di narrare cosa stia succedendo ma anche chi si occupa della sua tutela, perché l’obiettivo è dare speranza e raccontare l’impegno di chi sta facendo la differenza ogni giorno. La voglia di partire e fare questo reportage mi ha assorbito tanto tempo ma finalmente, dopo 18 mesi di preparazione tra studio, progettazione della logistica, ricerca sponsor e contatti, siamo pronti ad iniziare. Anzi, posso dire ufficialmente che la partenza è fissata per il 4 luglio.
Cosa dobbiamo aspettarci noi che ti seguiremo via social in questo viaggio?
Dal punto di vista geografico attraverserò la Panamericana, che non è precisamente e interamente tracciata sulle mappe ma è una strada fatta di culture e di tradizioni, dall’Alaska all’Argentina seguendo tutta la costa del Pacifico. Non è un itinerario casuale perché ci permette di coprire i più grandi ecosistemi al mondo: dalla tundra artica ai deserti, dall’oceano alla foresta pluviale. Sarò accompagnata in questo viaggio da Davide, compagno nella vita e, ora, anche nel lavoro. È esperto di tecnologie cloud e gestione dati, nonché appassionato di cartografia e contributore di OpenStreetMap. Nell’ambito del progetto si occuperà di foto, video e tecnologie.
Lungo la Panamericana incontreremo associazioni, attivisti e comunità locali e indigene che si occupano di conservazione della natura. Penso, ad esempio, a Pelagios Kakunja che si occupa di conservazione degli squali in Baja California e, nel farlo, lavora anche con le comunità locali; oppure alla Costa Rica Wildlife Foundation, al programma di conservazione degli anfibi del Museo Alcyde d’Orbigny in Bolivia, così come a Yellowstone to Yukon, un progetto che ha consentito la costruzione di un grandissimo corridoio ecologico tra Stati Uniti e Canada per mitigare i conflitti tra uomo e grandi carnivori. Inoltre, grazie al nostro partner ZeroCo2, che ci permetterà di assorbire le emissioni prodotte dal nostro VAN piantando alberi in una comunità di ex-guerriglieri in Guatemala, andremo a documentare la vita e il lavoro di chi ha deposto le armi per iniziare a lavorare la terra. Quindi una pluralità di soggetti che hanno trovato nella natura un motivo di stimolo o rinascita.
I nostri followers scopriranno che ciò che accade dall’altra parte del pianeta ha un impatto fondamentale su tutti noi. Il fatto che scompaia una specie è una tragedia per tutta l’umanità perché oltre ad avere un preziosissimo valore intrinseco, è una mancata occasione di scoperta: pensa solo a quanto i nostri medicinali dipendono da specie vegetali!

Come è strutturato il viaggio?
Staremo via un anno intero e il VAN oltre a mezzo di spostamento sarà anche la nostra casa e l’ufficio! Lo spediremo via nave da Anversa e lo recupereremo il 4 luglio ad Halifax, taglieremo tutto il Canada salendo verso l’Alaska e poi proseguiremo verso il Sudamerica. Grazie ai nostri sponsor lo abbiamo adeguato alle nostre esigenze e reso totalmente autonomo dal punto di vista energetico.
Camper d’autore, di Mattia Casale, sta lavorando a tutta la parte meccanica ed elettronica per consentire al mezzo di sopportare le condizioni climatiche e di altitudine più impervie, oltre ad essere in grado di affrontare differenti tipologie di strade e prepararlo ad essere totalmente autonomo. BatteriaLitioItalia penserà alle batterie; VCS Group, invece, ha investito nel progetto e ci ha istruito sul risparmio idrico, l’igienizzazione e la manutenzione degli impianti idrici, oltre che alla potabilizzazione dell’acqua; Moscatelli ci fornirà i pannelli solari. E poi c’è RCE foto, il più grande mercato fotografico dell’usato d’Italia il cui motto è Second Hand Save The World e che ci ha fornito buona parte del materiale fotografico necessario. Qui nascerà tutto il reportage e io porterò avanti la mia professione da remoto, quindi le docenze, le consulenze e la scrittura degli articoli. A tal proposito, abbiamo anche dei media partner di cui siamo orgogliosi: da Lonely Planet, a La Rivista della Natura, passando per Lifegate. E abbiamo l’auspicio di parlare davvero a tutti visto che il reportage sarà sviluppato sia in inglese che in italiano.
Passeremo indicativamente un mese in ogni paese per 13 mesi complessivi di viaggio, considerando che alcuni del Centro America li faremo più velocemente, ad esempio al Nicaragua dedicheremo probabilmente solo un paio di settimane. Il progetto è autonomo e indipendente, in buona parte autofinanziato, quindi cercheremo di recuperare anche delle risorse attraverso delle donazioni che è possibile elargire attraverso PayPal, con l’apposito tasto “donate” che abbiamo inserito nel nostro sito www.wearenatureexpedition.org ma stiamo pensando anche ad crowdfunding che probabilmente apriremo durante il viaggio così da avere un target di pubblico specifico.
Il sistema che ha creato la crisi climatica è legato allo scellerato sfruttamento delle risorse e al consumismo in ogni aspetto della vita quotidiana. Come si legano politica e clima?
Potrei partire dall’attualità, pensa alla guerra in Ucraina e al numero di profughi che ha creato. Si tratta di milioni di persone verso l’Europa occidentale ma, in confronto ai migranti per motivi climatici, è un numero piccolo rispetto a quello che già vediamo dall’Africa e infinitesimale rispetto a quello che ci aspetta nei prossimi decenni.
La scienza ci chiede di abbattere le emissioni perché lo storico della CO2 rimane per decenni in atmosfera, quindi ci vorranno decenni anche per avere uno stato del clima che ci permetta di non avere impatti devastanti. Noi saremo tutti colti da una crisi umanitaria a causa del cambiamento climatico e, come dicevo, della crisi ecologica. La nostra esistenza dipende totalmente dalla biodiversità.
Abbiamo basato il nostro modello di sviluppo sulla politica e l’economia. Entrambe invenzioni dell’uomo che abbiamo elevato a pilastro della nostra esistenza. Eppure, senza economia e senza politica l’uomo è fisiologicamente in grado di sopravvivere. Senza ossigeno, senza cibo e senza acqua, invece, non lo può fare. E tutte queste cose dipendono dalla biodiversità. Detta più semplicemente ancora: dipendiamo dalla natura di cui siamo parte. Appunto: we are nature, noi siamo natura.
La politica è un grande interrogativo perché senza una riduzione dei consumi e senza affrontare il tema della sovrappopolazione – tema scomodo ma importante – è impensabile poter credere di risolvere la crisi ecologica. Quindi dobbiamo pensare di dover lavorare anche sulla parità di genere visto che in molti contesti le donne hanno tanti figli perché non hanno altre alternative come ruolo sociale. E anche se i paesi poveri contribuiscono poco alle emissioni climalteranti – ma anzi ne subiscono in maniera più importante gli impatti – c’è comunque un problema di risorse e consumo di suolo. E la Terra non si rinnova allo stesso tempo con cui ne sfruttiamo le risorse.
Se pensiamo che la crisi ecologica possa essere risolta solo con il processo negoziale – quello delle note COP sul clima e sulla diversità biologica, per intenderci – ci sbagliamo di grosso. Continuiamo a raccontare che i negoziati sono importanti e che ogni obiettivo stabilito nell’agenda annuale è fondamentale. Parzialmente è vero ma sono 30 anni che ripetiamo di conoscere le soluzioni. Credo proprio sia giunto il momento di adottarle e, per farlo, la spinta dal basso, la consapevolezza delle persone, l’attivismo sono imprescindibili. Se le persone hanno coscienza della situazione ecologica chiederanno alla politica di intervenire. Come ha detto Al Gore a proposito della crisi climatica, risolverla richiede una rivoluzione e le rivoluzioni partono sempre dal basso.
Segui la spedizione di Valeria su Instagram @wearenatureexpedition e su wearenatureexpedition.org!